OLTRE LE PAROLE: COSTRUIRE UNA SCUOLA INCLUSIVA NONOSTANTE LE DIFFICOLTÀ

ISTRUZIONE

di G. Faverin, P. Fasson, D. Volpato

 

Il termine “inclusione” è diventato una parola chiave nel contesto educativo italiano, ma spesso nella pratica quotidiana si osserva una realtà ben diversa da quella teoricamente auspicata.

L’inclusione, infatti, troppo spesso rimane un concetto astratto e idealizzato, mentre gli alunni con disabilità continuano a essere trattati come “ospiti” all'interno delle classi, delegati quasi esclusivamente alle cure dell’insegnante di sostegno o dell’operatore d’assistenza. Uno dei problemi più evidenti è la tendenza a far uscire questi alunni dalla classe per evitare che “disturbino” i compagni, una pratica che va contro ogni principio di inclusione reale. In molte scuole, i bambini con disabilità trascorrono gran parte del tempo in spazi separati o in attività individuali, limitando così le opportunità di relazionarsi con i coetanei e di essere effettivamente parte integrante della classe. 

Questo approccio non fa che rafforzare l'idea, profondamente sbagliata, che l’alunno con disabilità non sia davvero un “membro della classe”, bensì una “responsabilità” dell’insegnante di sostegno o dell’operatore di assistenza. A peggiorare la situazione, c'è la preparazione spesso inadeguata del personale. Molti insegnanti di sostegno non hanno una formazione specifica e faticano a sviluppare programmi personalizzati in grado di rispondere alle esigenze dell'alunno e, allo stesso tempo, di favorire il suo inserimento nelle dinamiche della classe. Questo porta all'adozione di percorsi generici e non differenziati, che non solo limitano le opportunità di apprendimento ma contribuiscono a isolare ulteriormente l'alunno, relegandolo a un ruolo marginale e passivo. Il pensiero di pedagogisti come Andrea Canevaro, Dario Ianes e Roberta Caldin sottolinea l'importanza di un'inclusione che sia partecipativa e che riconosca l’alunno con disabilità come una parte integrante del gruppo classe. Canevaro, per esempio, parlava di una “pedagogia della presenza”, secondo cui ogni bambino dovrebbe essere considerato come parte di un insieme più grande, in cui ognuno ha un ruolo e un valore unico. Secondo Dario Ianes, l’inclusione scolastica non può limitarsi all'inserimento fisico; deve, invece, prevedere l'adozione di strumenti e metodologie che permettano a ciascun bambino di partecipare attivamente alla vita di classe, sviluppando le sue potenzialità in un contesto di relazioni significative. Anche Roberta Caldin ha posto l’accento sull’importanza di formare gli insegnanti per una cultura dell'inclusione in cui l’alunno con disabilità non venga visto come “estraneo” alla classe. Caldin sostiene che l'alunno con disabilità è “della classe” e non “dell'insegnante di sostegno”: una visione che mette in risalto la responsabilità collettiva dell’intero team docente nel promuovere un ambiente realmente inclusivo. Non si tratta di un compito assegnato a un singolo insegnante, ma di un progetto condiviso e partecipato da tutti. Canevaro e Ianes, inoltre, criticano fortemente l’idea di una scuola che cerca di adeguare l’alunno alla struttura invece di adattare la struttura alle necessità dell’alunno. Secondo questi esperti, l'inclusione autentica si realizza solo quando il sistema educativo accetta di cambiare se stesso per accogliere tutti, senza lasciare nessuno indietro. Per tradurre questi principi in pratiche effettive, è necessario un intervento profondo sia a livello strutturale che didattico. È fondamentale promuovere corsi di formazione e aggiornamento rivolti a tutti i docenti, non solo a quelli di sostegno. La formazione deve riguardare le metodologie inclusive, la gestione della diversità in classe e lo sviluppo di competenze relazionali, al fine di promuovere la partecipazione attiva di ogni studente. Inoltre, occorre incentivare la creazione di programmi didattici realmente personalizzati, che tengano conto dei bisogni individuali di ciascun alunno e che favoriscano modalità di apprendimento differenziate. Un altro aspetto fondamentale riguarda l’aumento del numero di insegnanti di sostegno qualificati: troppo spesso il numero di insegnanti di sostegno è insufficiente o questi vengono assegnati senza una formazione specifica. Garantire la presenza di docenti qualificati è essenziale per sostenere gli studenti con disabilità e per collaborare efficacemente con gli altri insegnanti della classe. Si potrebbero prevedere anche incentivi per le scuole che dimostrano di attuare buone pratiche inclusive, come l’integrazione di laboratori inclusivi, spazi comuni e momenti di attività condivisa. Anche gli spazi scolastici dovrebbero essere progettati in modo da favorire la socializzazione e l’interazione, con spazi adatti alle diverse esigenze e possibilità di utilizzo flessibile: la creazione di angoli di apprendimento condiviso, dove i ragazzi possano lavorare insieme a piccoli gruppi, rappresenta un passo fondamentale verso una reale inclusione. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), una risorsa unica per innovare e migliorare il sistema educativo italiano, ha purtroppo mancato l'opportunità di investire in programmi di formazione e in strumenti di supporto per una vera inclusione scolastica. Nonostante le enormi risorse stanziate per il settore scolastico, l’attenzione si è concentrata prevalentemente su interventi strutturali e tecnologici, come la digitalizzazione e l’adeguamento edilizio, tralasciando in gran parte l’aspetto formativo del personale e il sostegno alla diversità. La mancanza di fondi specificamente destinati alla formazione inclusiva rappresenta una scelta miope, poiché investire nei docenti e nella loro preparazione è fondamentale per costruire una scuola davvero inclusiva. Senza un personale adeguatamente formato e sensibilizzato, le risorse tecnologiche e infrastrutturali rimarranno strumenti sterili, incapaci di trasformare realmente l’esperienza scolastica degli alunni con disabilità. Tuttavia, oltre ai limiti del sistema e alle carenze del supporto istituzionale, è importante sottolineare anche l’impegno di tante scuole e insegnanti che ogni giorno, con dedizione e creatività, si battono per un'educazione inclusiva. Nonostante le risorse spesso scarse e la mancanza di investimenti adeguati, esistono realtà scolastiche dove gli insegnanti, i dirigenti e l'intera comunità scolastica lavorano instancabilmente per costruire ambienti realmente accoglienti, in cui ogni alunno è valorizzato e può sentirsi parte del gruppo. In queste scuole, grazie all’impegno personale e ad una visione educativa illuminata, si sperimentano soluzioni innovative, come l'apprendimento cooperativo e il peer tutoring, e si crea un clima di supporto reciproco che coinvolge tutti gli studenti, inclusi quelli con disabilità. Questi insegnanti e operatori rappresentano il cuore pulsante di un’inclusione che non si limita alle parole ma diventa una pratica quotidiana e concreta. Essi dimostrano che, pur nelle difficoltà, una scuola inclusiva è possibile e che il cambiamento può nascere anche “dal basso” attraverso la passione e il lavoro di chi crede profondamente in questi valori. Queste storie di successo ci ricordano che, anche senza un sostegno istituzionale adeguato, l’impegno e la determinazione possono fare la differenza e ispirare altre scuole e insegnanti a seguire lo stesso percorso, costruendo insieme una scuola che accolga e valorizzi davvero tutti.