CULTURA
di Renato Candia
Si è svolta da poco la prova scritta del concorso attualmente in atto per i nuovi Dirigenti scolastici.
Vi hanno partecipato coloro che avevano già superato la pre-selettiva e che, alla luce dei risultati di questa seconda fase, potranno accedere alle prove orali conclusive. La prova scritta consisteva in cinque quesiti che la/il candidata/o doveva sviluppare in forma di un elaborato scritto entro un tempo limite consentito e, proprio a proposito di quanto i quesiti richiedevano, sembrerebbero opportune alcune considerazioni riguardanti quali potrebbero essere le caratteristiche professionali che ci si aspettano istituzionalmente dai nuovi Dirigenti (ma per certi versi anche quelle che si ritengono identitarie dei Dirigenti già attualmente in servizio). Entrando nel merito, i quesiti richiedevano principalmente conoscenze di natura procedurale: la disciplina di fruizione dei permessi per il personale scuola, le attività previste a favore del potenziamento dell’offerta formativa, le azioni del Dirigente per la costituzione di reti di scuole, per la formazione dei docenti e per la gestione amministrativo contabile dell’Istituzione scolastica.
Ne emergerebbe un quadro piuttosto orientato della figura del Dirigente scolastico di oggi: gestore di procedure formalizzate, buon conoscitore di normative e contratti di lavoro, responsabile dei suoi limiti professionali (un po' meno delle sue reali potenzialità), competente nelle filiere di processo consentite (non necessariamente in quelle immaginifiche e possibili), ecc… In buona sostanza, incasellato in una Mission, a sua volta declinata su una Vision già scritta altrove. Nella realtà delle cose, queste competenze, certamente necessarie dentro un sistema scolastico generale, rappresentano soltanto uno dei versanti della ben più complessa professionalità che viene attualmente richiesta al mestiere del Dirigente Scolastico. Il recente lavoro collettivo per Mit Press di Reb, Luan e Gigerenzer, psicologi ed esperti di organizzazione e risorse umane, punta il dito verso una generale tendenza delle maggiori School Business finanziarie a privilegiare nettamente, nei percorsi di formazione dei futuri manager, la propensione al rischio sottovalutando piuttosto (in certi casi anche in modo macroscopico) la propensione all’incertezza. La differenza è piuttosto evidente: il rischio si osserva, si valuta e si calcola, si può definire in via preliminare e prevenire. L’incertezza, invece, no: richiede tempismo, padronanza di scelta e flessibilità, mobilità del punto di vista, prontezza decisionale nella rimodulazione organizzativa del sistema che si governa, capacità di ascolto e osservazione di persone, cose e situazioni. Nel contesto operativo del Dirigente scolastico, la questione potrebbe riguardare, in proposito, la sicurezza degli ambienti scolastici e la tutela del personale che vi opera, aspetti di cui il Dirigente ha piena e diretta responsabilità. Il suo compito è la redazione obbligatoria di un documento di valutazione rischi (DVR), che va sistematicamente rivisto e aggiornato: anche se il Dirigente può servirsi nella redazione del supporto di professionisti, egli ne rimane il titolare. Si immagini, per esempio, che in una giornata di forte pioggia un’imprevista infiltrazione dal tetto dell’edificio scolastico indebolisca e faccia crollare il controsoffitto di un’aula dove c’è lezione: l’imprevisto ha governato il rischio e le conseguenze saranno quel che saranno. Ma si pensi anche, per fare un altro esempio, a quando il Dirigente, ad inizio anno, definisce le assegnazioni dei docenti alle classi: il rischio sarà dato da un’eventuale applicazione/disapplicazione eterogenea delle indicazioni dettate dal curricolo d’istituto, a seguito di approcci differenziati da parte di ciascuna delle unità di personale insegnante, rispetto ai principi di collegialità e condivisione che dovrebbero invece governare ogni team educativo. L’incertezza viene dal come l’eventuale applicazione/disapplicazione potrebbe costituire conflitto e contenziosi, quando non addirittura l’insuccesso del progetto formativo che la scuola sta offrendo ai suoi studenti. Incertezza e rischio sono parametri che misurano le scelte che il Dirigente è chiamato a compiere quotidianamente. Lo psicologo Daniel Kahneman, premio Nobel per i suoi studi sui processi decisionali, ricordava come quasi sempre, nel prendere decisioni basandosi su opinioni che riguardano la probabilità di eventi incerti, ci si affidi per semplificazione a un numero limitato di principi euristici invece di valutare il maggior numero di probabilità possibili. Per esempio, quando la scelta cade per somiglianza ad uno stereotipo: il controsoffitto che cade era pulito e non aveva macchie di umidità antecedenti al crollo, ma non veniva considerato il fatto che l’edificio scolastico era vetusto e la struttura esterna non veniva controllata da molti anni. Oppure, l’assegnazione di un docente piuttosto che un altro ad un incarico fiduciario attraverso una selezione basata su aspetto e carattere della figura individuata, piuttosto che su curriculum e attitudini. In sostanza, che il neo Dirigente scolastico abbia buone (se non ottime) conoscenze procedurali e normative è certamente un parametro positivo, ma il sistema richiede oggi anche solide competenze organizzative, relazionali e decisionali. E queste richiedono formazione iniziale, studio di casi e aggiornamento in servizio continuo, per garantire alla scuola visione, motivazione e coinvolgimento, sia sul piano emotivo che sul piano professionale.