CARO DIARIO...

CULTURA

di Pier Paolo Segneri

 

Si scrive… Ma perché si scrive? Perché scrivere un diario? A che serve?! A quale scopo? Per la scuola? Che cos'è la scuola?  Domande su domande. Senza risposte né pretese, senza soluzioni né finali già scritti.

Si scrive quasi sempre per lanciare un messaggio, per sopravvivere a se stessi, per lasciare qualcosa di sé dopo di sé o per non farsi vedere da nessuno, per mostrarsi a chiunque. Per non farsi trovare. Per essere visti. Per essere riconosciuti. Per parlare con qualcuno. Immensamente si esprime, la scrittura. Per te stesso. Per non aver paura, per intuito, per raccontarsi, per arrivare in fondo, per un dolore che resta, per un sogno che non va via, per tornare a crederci, per non smettere proprio adesso, per darsi coraggio, per piangere d’inchiostro, per smettere di piangere, per il tempo che passa... Per fermare il tempo. 

Si scrive. Si scrive soprattutto per sopravvivere alla stupidità. Ma si scrivono anche cose stupide, per non ammettere la verità. Per dire quel che si ha da dire… si scrive. Si scrive per due motivi: per se stessi e per amore... Scrivere è un modo per dilatare i tempi topici, l’istante giusto, l’attimo fuggente. Scrivere significa varcare una porta, cercare la vita. Scrivere non è sempre un modo per aggiungere, a volte è un modo per togliere, semplificare, scavare. Qualche volta, però, e speriamo che non sia questo il caso, diventa pressoché impossibile distogliere un pensiero sbagliato, far convivere il lettore con il testo scritto, i pensieri con le intenzioni, le idee con le persone, la pagina bianca con le idee. Si scrive quasi sempre sulla sabbia... Si scrive per cancellare. Perché non resti traccia dentro di sé. Perché il nostro sentire diventi indelebile o, almeno, perché lasci una traccia...  Si scrive per riordinare le idee, per trovare un senso al caos, per sconfiggere il Nulla che avanza. Si scrive. Si scrive per non buttarsi via, per non fermarsi all’apparenza, per restituire un pegno d’amore. Scrivere è un modo per tirare fuori le voci di dentro, leggere è un modo per accogliere dentro di sé le voci di fuori. Si scrive, allora, per guardarsi dentro, per scoprire cosa c’è fuori, per trattenere i ricordi. Si scrive… per liberare la mente. Si scrive oltremodo, oltretutto male. Si scrive spesso per battere il tempo. Per vincerlo. E si perde. Altre volte, invece, si perde tempo e basta. Tempo al tempo. Si scrive alla ricerca d’infinito... infinito vivere. Si chiama scrivere... Insomma, si scrive per dimenticare... o per non dimenticare mai più. Caro Diario... si sottovaluta spesso la parola come se fosse astratta, come se non avesse peso, come se fosse niente, come se non avesse anima, come se non agisse. Le parole possono anche diventare pietre. E poi ci lamentiamo delle conseguenze. Ma la parola è corpo, è suono, è vita... va ascoltata, va sentita dentro di noi, la parola è davvero una parola data soltanto se viene mantenuta. Sembra un paradosso, ma è così. La parola è viva. Altrimenti, è chiacchiera. È anche per questo che si scrive.