ANALISI SUL MONDO DEL LAVORO E LA POLITICA INDUSTRIALE

di Angelo Colombini 

CULTURA

 

Secondo i dati Istat, la fase espansiva dell’occupazione in Italia, iniziata nel 2021, si è consolidata, al primo febbraio 2025, con oltre 24 milioni di occupati, con il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni che è arrivato al 63% e la disoccupazione che è scesa al 5,9%, come nel 2007.

Partire da questi dati è molto importante perché creare lavoro, stabile e di qualità, attraverso investimenti pubblici e privati, è la priorità di ogni Governo. Ma per mantenere questi livelli occupazionali, oltre a valorizzare il turismo, il commercio e i servizi, bisogna anche promuovere politiche industriali capaci di aiutare la nostra industria manifatturiera a competere nell’ambito della qualità e del costo del prodotto. 

Per questo, è necessario sostenere la proposta di Draghi sulla competitività europea e quella della Commissione sul Clean industrial deal e, certamente, non ritornare alla dannosa e acclamata “decrescita felice” del decennio scorso e ai continui “no” sempre e dovunque presenti (Tap e Tav sono un esempio). A settembre 2024, Mario Draghi ha presentato un documento sul futuro della competitività europea, richiesto dalla Commissione Europea, proponendo strategie per migliorare la produttività e affrontare le transizioni digitali, energetiche e geopolitiche. Gli obiettivi della proposta sono colmare il divario di innovazione e investire in tecnologie avanzate (IA, semiconduttori, cloud e finanziamento delle startup), ridurre i prezzi energetici con l’aumento della produzione di energia pulita (compreso l’utilizzo del nucleare sostenibile e da fusione), aumentare la spesa per la difesa e potenziare il coordinamento tra le politiche industriali, quelle energetiche e quelle relative alla sicurezza. Nei mesi scorsi, la Commissione UE ha dato il via libera al Clean industrial Deal, con l’obiettivo di diventare un’economia decarbonizzata entro la fine del 2050, una strategia per accelerare la decarbonizzazione dell’industria manifatturiera e la produzione di tecnologie pulite in Europa. Questo nuovo piano dovrebbe togliere dalla rendicontazione inerente alla sostenibilità della filiera produttiva, determinata nel 2020 dal Green Deal (diritti dei lavoratori, salute e sicurezza, no all’inquinamento interno ma anche all’esterno delle attività produttive), circa 40.000 imprese europee, cioè il 90% delle PMI (inquinamento dell’1%). Invece, l’introduzione dei dazi da parte del governo americano rischia di destabilizzare il commercio mondiale e di conseguenza il lavoro e l’occupazione. Le barriere tariffarie introdotte unilateralmente sono in genere percepite come aggressive da chi le subisce, con conseguenti tensioni di carattere politico e riduzioni della cooperazione in altri ambiti. Nella fase attuale, invece, una maggiore cooperazione tra i Paesi potrebbe aiutare a trovare una soluzione politica alle crisi in Ucraina, in Medio Oriente e nelle altre 54 guerre presenti nel mondo. Il mercato del lavoro, in Europa, è in continua trasformazione a causa delle transizioni green, digitali e demografiche. Nel prossimo futuro, l’evoluzione tecnologica, quella connessa all’intelligenza artificiale e ai big data, alle reti e alla sicurezza informatica ed energetica, alla robotica e all’automazione, allo stoccaggio e alla distribuzione dell’energia, avrà un effetto differente sulle professioni, guidando sia i ruoli in rapida crescita che quelli in declino. Per questo è importante che le parti sociali collaborino per anticipare il cambiamento e garantire che i lavoratori ricevano un’adeguata formazione. La pandemia, le guerre nel mondo, la crisi climatica, ambientale e demografica, le misure protezionistiche, come l’introduzione dei dazi, e la necessità di rivedere i nostri modelli di sviluppo sono situazioni che, per molti aspetti, sarebbero risultate inimmaginabili e contraddittorie fino a pochi anni fa. Questo complicato contesto globale ha reso più evidenti e importanti alcuni temi: il legame tra i popoli è divenuto sempre più stretto e i problemi, come le guerre e le migrazioni (accoglienza e integrazione) non fanno che ribadire ciò che più volte ci ha ricordato il Santo Padre, ovvero che “ci si salva solo tutti insieme”; una seconda questione, altrettanto dirimente, è la centralità che il valore del lavoro ha assunto ancor di più nella vita delle persone e nell’economia, lì dove il lavoro dovrebbe essere ripensato, al fine di essere non solo un mezzo di sussistenza o di mera produzione ma anche la realizzazione della persona e dello sviluppo sociale.