di Marisa Corrente
La diversificazione, in agricoltura, può essere la strada per arrivare a sistemi più sostenibili e meno impattanti sull’ambiente.
Contrariamente a monocolture e allevamenti intensivi, può mantenere, o addirittura migliorare, la salute del suolo e dell’ecosistema, senza incidere negativamente sulla produzione. Diversificazione diventerà, dunque, la nuova parola d’ordine dell’agricoltura sostenibile? È la teoria alla base di un nuovo studio della University of Colorado Boulder che ha analizzato 2.655 aziende agricole in tutto il mondo. Allo studio hanno partecipato 58 ricercatori di 15 nazioni che hanno spaziato dalle colture di fragole negli Stati Uniti ai campi di mais in Malawi, passando anche per i palmeti in Indonesia. I risultati della ricerca “Joint environmental and social benefits from diversified agriculture” sono pubblicati nella rivista Science. Secondo i ricercatori, la rotazione delle colture, la conservazione dei nutrienti del suolo e l’attuazione di altre strategie di diversificazione in agricoltura possono produrre importanti benefici per l’ambiente e le persone.
Queste tecniche, infatti, aumentano le rese dei raccolti e di conseguenza migliorano la sicurezza alimentare delle comunità. I risultati dello studio darebbero, quindi, credito alle teorie che ritengono che questi sistemi possano mantenere, o addirittura migliorare, la salute del suolo e dell’ecosistema, senza incidere negativamente sulla produzione. L’incremento delle monocolture intensive, come pure degli allevamenti intensivi di un solo tipo di animali, sta diventando un problema in tutto il mondo: pratiche che portano con sé una serie di rischi che vanno dalla perdita di nutrienti del suolo alla diffusione di epidemie di parassiti. La ricerca vuole dimostrare che abbandonare il modello monocolturale e passare alla diversificazione ripaga con risultati soddisfacenti. Tra le tecniche sperimentate dai ricercatori c’è la rotazione delle colture: ad esempio, un anno si pianta il mais, l’anno dopo i fagioli. Oppure, si potrebbe prendere in considerazione l’adozione delle colture di copertura, che evitano il dilavamento degli elementi nutritivi e l’erosione del suolo, stimolando, al contempo, la presenza dei lombrichi nel terreno. Il gruppo di ricerca ha scoperto che, adottando contemporaneamente due soluzioni, con pascoli e aziende agricole che collaborano per formare ecosistemi più sani, si ottengono risultati ancora migliori. Del resto, hanno osservato, nessun ecosistema è fatto solo di terra o solo di animali, ma della loro coesistenza “collaborativa”. Gli studiosi sono poi passati alle sperimentazioni sul campo, ovvero hanno condiviso le esperienze con gli agricoltori. Ad esempio, hanno rilevato che in un’azienda dove ci sono sia colture che allevamenti di polli e bovini la produzione aumenta, si riducono i danni che interessano il suolo e l’inquinamento ambientale. Un altro aspetto positivo della diversificazione, rilevato dai ricercatori, è la maggiore resilienza in caso di eventi estremi come ondate di calore o siccità, nonché l’efficacia in diversi contesti. Una criticità può essere, invece, rappresentata dalla necessità di acquistare macchinari diversi per la raccolta dei vari prodotti. Ma qui, come è giusto che sia, ci si aspetterebbe l’intervento e il successivo aiuto dei Governi Nazionali.