IL DRAMMATICO RAPPORTO TRA LA POVERTÀ MATERIALE E QUELLA EDUCATIVA

di Andrea Lepone

 

In Italia, sono 1,4 milioni i minori che vivono in uno stato di povertà assoluta, il triplo rispetto allo scorso decennio, mentre circa 2,2 milioni si trovano in una condizione di povertà relativa.

Tra povertà intesa come deprivazione materiale e povertà educativa c’è un circolo vizioso che si alimenta in ambedue i sensi. Essere poveri sul versante materiale aumenta il rischio di essere poveri dal punto di vista educativo e viceversa. Una condizione sfavorevole di partenza può avere effetti di lungo periodo perché i bambini che nascono in condizioni di pregiudizio e ai quali vengono negate le opportunità di apprendere e condurre una vita autonoma ed attiva, rischiano di diventare gli esclusi di domani. In Italia, sono 1,4 milioni i minori che vivono in uno stato di povertà assoluta, il triplo rispetto allo scorso decennio, mentre circa 2,2 milioni si trovano in una condizione di povertà relativa. 

Questi indicatori, in termini economici, sono diversi da paese a paese. In Italia, la povertà assoluta è generata da un calcolatore messo a disposizione dall’Istat per determinarne il valore. In una famiglia di due adulti e due bambini (0-3; 4-10), ad esempio, corrisponde a circa 1.500 euro. La povertà relativa è invece attribuita a chi percepisce un reddito del 50% inferiore rispetto alla media nazionale. Un dato, quest'ultimo, in netta crescita. Secondo l’Istat, l’IPE, Indice di Povertà Educativa, si definisce attraverso quattro dimensioni: partecipazione, resilienza, capacità di intessere relazioni e standard di vita; ma si riferisce solo a un target di giovani tra i 15 e i 29 anni. La mancanza di dati aggiornati a livello locale e il range, che non comprende tutte le fasce dell’età evolutiva, su cui si basano queste metriche, non ci fornisce un quadro completo. Vero è, comunque, che la povertà educativa che ne deriva crei un danno già dai primi anni di vita, per poi limitare i livelli di apprendimento delle competenze nei periodi successivi. Ecco quindi che la disuguaglianza che si sviluppa nel minore povero è elevata al quadrato, perché nascere in una famiglia svantaggiata non è spesso una condizione transitoria, bensì un fatto che può segnare e condizionare tutta la vita. Inoltre, quando si discute di famiglie svantaggiate e povere, non consideriamo solo la povertà assoluta e relativa come indigenza ed esclusione sociale ma anche e ovviamente la povertà culturale, relazionale, ambientale. Su questi ultimi fronti, le istituzioni nazionali dovrebbero senz'altro attivarsi per offrire nuove soluzioni che consentano di colmare il gap educativo generato dalla stessa povertà, prima che le fasce più deboli della nostra società si ritrovino a fronteggiare il più disastroso dei collassi.